Come abbiamo già avuto modo di vedere in un articolo dedicato alla dipendenza affettiva (o dipendenza emotiva), questo rapporto di dipendenza, che in passato si è caratterizzato spesso come una condizione femminile, è più frequente di quanto non si pensi. Andiamo a scoprirne insieme le modalità, le cause e le possibili soluzioni attarverso l’intervista rilasciataci dalla dottoressa Federica Gandini, laureata in Psicologia clinica, Psicolterapeuta Cognitivo -Comportamentale, e Consulente presso il Consultorio familiare ed il Centro Clinico Minerva di Pavia.

Che cos’è la dipendenza affettiva?

La dipendenza affettiva (Love Addiction) comporta uno squilibrio relazionale che ha luogo quando una persona non riesce a integrare, prima di tutto dentro se stessa, le dimensioni di dipendenza – indipendenza, collocandosi agli estremi di questa polarità e irrigidendosi in un tipo di risposta: l’aggrapparsi all’altro o il rifuggirne.

La dipendenza affettiva è una condizione che non ha ancora trovato pieno riconoscimento in nessuna classificazione ufficiale, ma che tante volte, chi svolge attività clinica, ha incontrato.

Nella dipendenza affettiva i soggetti avvertono un bisogno marcato di aumentare quantitativamente i comportamenti messi in atto in una relazione per poter raggiungere gli effetti emozionali desiderati, esattamente come accade nella dipendenza da sostanze. La relazione sentimentale può quindi diventare permeante nella vita quotidiana, condurre a comportamenti fuori controllo e ripercuotersi con conseguenze negative sulla vita del singolo.

 

Qual è il reale sentimento che alimenta questo disturbo?

Primo fra tutti la paura: paura di perdere l’amore, paura dell’abbandono o della separazione, paura della solitudine e della distanza, paura di mostrarsi per quello che si è, ma anche senso d’inferiorità nei confronti del compagno, senso di colpa, rancore e rabbia, coinvolgimento totale nella relazione e vita sociale limitata, gelosia e possessività, ossessione per l’altro, sentimenti di disperazione e fallimento quando si è lontani dal partner, incapacità di smettere di vedere la persona amata per quello che è realmente, anche quando si è consapevoli che è distruttiva per se stessi. C’è inoltre una serie di altri sintomi che si accompagna a tutte le dipendenze come insonnia, nausea, disturbi gastrici e sintomi influenzali, fino ad arrivare alla depressione ed a stati simili al lutto.

Alla base della dipendenza affettiva c’è una profonda necessità di legarsi ad un’altra persona, di connettersi emotivamente a lei poiché la propria identità e la propria autostima vengono costruite sull’opinione che gli altri hanno di noi. È il disamore di sé, la sfiducia nel proprio valore e nelle proprie capacità a creare la paura di non essere degni d’amore: il bisogno di continue rassicurazioni e la ricerca di conferme di sé nel partner sono manifestazioni di un bisogno ossessivo di sicurezza che porta a tollerare anche maltrattamenti e tradimenti pur di non perdere l’altro.

 

Essere amati dal partner può portare alla dipendenza affettiva?

La dipendenza affettiva è una delle dinamiche che una persona instaura quando ha una certa struttura di personalità o di funzionamento. L’attenzione del partner e l’amore incondizionato non possono portare ad una forma di dipendenza così intensa se non poggiano su un terreno fertile. In altre parole, l’essere amati dal partner può portare ad un intenso legame affettivo, ma non ad una dipendenza e quando la relazione finisce si può andare incontro ad un periodo di disperazione per la perdita di un legame significativo, ma non porta con sé le conseguenze sintomatologiche invalidanti che invece il dipendente affettivo presenta.

 

Ci sono degli elementi comuni che possano identificare il background delle persone che soffrono di questa dipendenza?

Il nucleo principale di queste persone è un sé debole, bisognoso e indifeso che ha valore ed è adeguato solo nell’ottica relazionale. Spesso il background è di genitori che non accolgono e non ascoltano i bisogni soggettivi del bambino e che strutturano un senso di inadeguatezza. La spinta sana all’esplorazione, la creazione di uno spazio di sperimentazione anche protetto in cui si ci possa sentire competenti aiuta a costruire un ambiente sano che favorisce un processo di valorizzazione e di autonomia ad ogni età.

 

Ci sono delle caratteristiche che invece possano identificare l’oggetto di questa dipendenza?

L’incastro “perfetto”, virgolettato perché è il più problematico, è quello con un partner narcisista che, per suo funzionamento, non è portato a vedere l’altro come qualcuno dotato di valore, non per cattiveria o per freddezza, ma in quanto deficitario nella capacità di lettura degli stati mentali altrui, che vengono quindi non solo non visti, ma anche non confermati e non valorizzati. Pensiamo come questo incastro sia un circolo vizioso, che si autoalimenta per la persona che soffre di dipendenza affettiva, la quale finirà per adorare il partner e per soddisfare tutti i suoi bisogni, compresi quelli di grandezza, mettendosi sempre più in secondo piano.

Il principio sano che regola una coppia che funziona è l’esprimere liberamente le proprie vulnerabilità e venirsi incontro, principio che, nel caso di dipendenza affettiva, è totalmente irraggiungibile.

 

Quali sono gli elementi che un soggetto ha a disposizione per riconoscersi come “dipendente” affettivamente parlando?

E’ molto difficile arrivare a questa consapevolezza, spesso è più comune che siano le persone intorno ad accorgersene e che restituiscano questa immagine alla persona “dipendente” senza essere però comprese o accolte, anzi suscitando talvolta reazioni rabbiose o sensazioni di incomprensione. Chi soffre di dipendenza affettiva si rende conto di essere “dipendente” solo di fronte alla rottura affettiva, poiché in quel momento avverte di essere senza valore e in balìa di uno stato di vuoto devastante.

 

Come si esce dalla dipendenza affettiva?

Obiettivo centrale della terapia è ridurre l’eccessivo bisogno di protezione, costruendo una nuova rappresentazione di sé a partire dalle abilità riconosciute come proprie. Il trattamento non ha nulla a che fare con un training assertivo; al contrario, il paziente deve raggiungere la sensazione di libera scelta. Va invitato a credere che le emozioni che prova sono l’indicatore più vero di quello che egli desidera o teme (le mete cui tende).

 

Si può educare qualcuno a non cadere nella dipendenza affettiva?

Questa è una domanda interessante. Credo molto nella prevenzione, ma in questo caso è molto difficile dare una risposta. Ci sono tuttavia dei comportamenti o strategie genitoriali o relazionali che possono portare le persone a sperimentarsi da sole per sentire una sensazione di efficienza ma anche di piacere e di scoperta.